Il Disturbo d’ansia sociale (secondo il DSM-V) è uno dei disturbi psichici più diffusi dopo la depressione.
Secondo una ricerca del 2005 di Kessler et al., il 12,1% della popolazione mondiale ne soffre nel corso della vita.
Chi soffre di questo disturbo manifesta paura persistente di una o più situazioni sociali o di performance. In particolare la persona teme di comportarsi o di mostrare sintomi d’ansia in un modo imbarazzante e umiliante. L’esposizione a queste situazioni causa quasi invariabilmente ansia e per questo motivo le situazioni temute vengono evitate oppure vissute con grande disagio.
Il Disturbo d’ansia sociale non va confuso con la timidezza. Il primo è un vero e proprio disturbo in quanto comporta una compromissione importante della vita di una persona che diventa incentrata sull’evitare situazioni sociali oppure viverle con una condizione di disagio che diviene un vero e proprio malessere. La timidezza invece non è un disturbo. Nonostante questo può essere fastidiosa e, in alcuni casi, portare al disturbo.
Mentre il disturbo si può manifestare in un momento preciso della propria esistenza, la timidezza è un qualcosa che si accompagna alla persona quasi come tratto della personalità.
Per il disturbo è necessaria la valutazione di un professionista (psicologo o psichiatra) che giunga ad una diagnosi e possa impostare un trattamento (farmacologico e/o psicoterapeutico).
Per la timidezza non esiste una “cura” ma esistono delle tecniche in grado di migliorare questo tratto e diventare più a proprio agio in contesti sociali. Tali tecniche attingono al modello di intervento cognitivo comportamentale e sono decise e applicate in un piano di intervento da uno psicoterapeuta specializzato in questo approccio in modo che possa valutare quali utilizzare, in che modo e con che frequenza a seconda della situazione specifica e dell’età del soggetto.